DECRETO 148/2015, UN ANNO DOPO

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Con il decreto 148/2015 il legislatore avrebbe avuto l’intenzione di universalizzare e riordinare gli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro. A distanza di un anno dal decreto e ben due anni dalla legge che ne ha orientato i contenuti (L.183/14), si può constatare come, a dispetto delle intenzioni, gli effetti del decreto sono ancora lontani, se non negli aspetti di limitazione dell’esistente. Infatti, se l’esclusione dalla Cassa Integrazioni Guadagni Straordinaria (CIGS) di talune fattispecie, quali le imprese in procedura concorsuale, e i nuovi confini tracciati per l’uso della Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO), hanno avuto un effetto quasi immediato nei mesi successivi la pubblicazione del decreto stesso, il tentativo di universalizzazione della platea dei beneficiari è tuttora un obiettivo ancora lontano.

Si è trattato di una riorganizzazione che si è mossa nel solco già tracciato dal ministro Fornero, trascurando i dipendenti delle aziende non coperte dalla CIGO e dalla CIGS, affidate ora in regime pattizio ai Fondi di solidarietà o al Fondo integrativo salariale, e, ancora una volta, i dipendenti delle piccole aziende, pur abbassando da quindici a più di cinque dipendenti la dimensione minima dell’azienda che potrà accedere alle prestazioni dei Fondi (le cui prestazioni hanno durate per nulla paragonabili a quelle della CIGO e della CIGS). A parte le aziende del settore artigiano, che si è premurato autonomamente, mediante il Fondo di Solidarietà bilaterale alternativo di settore, di voler salvaguardare le aziende anche di dimensione minima, i dipendenti delle aziende da uno a cinque dipendenti restano prive di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro.

La gestione dei Fondi costituirà una grande responsabilità e una nuova opportunità affidata dal legislatore alle parti sociali, quindi anche al sindacato, che potrà sperimentare un nuovo ruolo, tuttavia ancora ricalca lo schema antico di lavoratori con differenti tutele a seconda del settore di lavoro e della dimensione aziendale, gli uni con ammortizzatori sociali normati dal legislatore, gli altri affidati, appunto, a prestazioni non equivalenti e per effetto di accordi. Con amarezza si deve, peraltro, considerare che i lavoratori più trascurati dagli effetti del decreto sono quelli, nella nostra provincia, dei settori emergenti e di quelli da sempre normativamente più deboli.

In conseguenza di ciò, chi, escluso dalla CIGO e dalla CIGS, ne ha avuto la possibilità, ha affrontato i periodi di crisi aziendale ricorrendo, per quanto concesso, agli ultimi scampoli di Cassa Integrazione Guadagni in Deroga (dicembre è l’ultimo mese per richiederla), riservandosi di utilizzare i Fondi il più tardi possibile, viste le esigue durate degli ammortizzatori a disposizione (tre mesi o sei mesi nel biennio) e data la lentezza delle istituzioni nel recepire le norme che hanno continuato, nel corso di un anno, ad essere precisate, chiarite, recepite e modificate dal Ministero e dall’Ente previdenziale. Si è declinato, in conclusione, un quadro tutt’altro che fruibile al bisogno, come ci sarebbe aspettato da un decreto per il “riordino” degli ammortizzatori sociali che si è dimostrato, invece, frettoloso, impreciso e, soprattutto, lontano dall’aver realizzato ciò che si attendeva da tempo.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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