COMO ACQUA: ORA I SINDACI PRENDANO IN MANO LA SITUAZIONE

[vc_row][vc_column][vc_column_text]”Intendiamo stigmatizzare – commenta Giacomo Licata, segretario generale della Camera del Lavoro di Como – la scelta del CdA che, a nostro avviso, getta discredito anche sulla politica. Non crediamo di affermare nulla di nuovo evidenziando che la nomina dei componenti è frutto di un intesa tra le principali forze politiche a cui fanno riferimento i soci. Per queste ragioni, ci aspettiamo dai sindaci e dai rappresentanti della politica comasca una presa di distanza da una nomina sbagliata, costosa e inutile.Ora speriamo che i sindaci prendano in mano la situazione”.
“Nelle scorse settimane abbiamo evidenziato con forza come il processo di implementazione del gestore unico presentasse qualche criticità, per usare un eufemismo” – sostiene Giuseppe Augurusa responsabile ufficio legale con delega alle partecipate per la Cgil di Como- “a sedici mesi dal conferimento del Consiglio Provinciale al gestore unico la gestione è di fatto plurima, con le Società operative territoriali che operano ancora con contratti di servizio e senza un’unica modalità di bollettazione. Non si intravede soluzione praticabile con la componente privata per le Società a capitale misto finalizzata alla loro pubblicizzazione, in particolare con Comodepur nella quale è rilevantissima la partecipazione del capoluogo di provincia. A sette mesi dalla selezione dell’advisor per un incarico della durata complessiva di dodici, non v’è traccia di valutazione degli asset che consentano nei tempi stabiliti dal cronoprogramma di avviare le fusioni per incorporazione delle SOT in Como acqua, trasformando un contenitore vuoto in un impresa. A poco meno di un anno dall’avvio del tavolo di confronto con le OO.SS. sul personale, interrotto all’indomani della nostra denuncia di dicembre, mentre resta ancora piuttosto vaga la pianta organica futura tra dipendenti delle SOT, lavoratori in economia impiegati nei Comuni e personale della divisione idrica di Acsm, le uniche cose evidente sono la nomina di un direttore generale in un’azienda ancora priva di dipendenti per 480.000 euro in tre anni, le dimissioni di una competente presidente del CdA non certo per motivi familiari e, tra molte riunioni di partito, neppure il tempo una convocazione dei Comuni soci che, a nostro avviso, ne avrebbero se non il diritto, almeno il desiderio. Un po’ poco per un’azienda che si candida ad essere la prima impresa pubblica della provincia”.
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